Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) la salute è uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia“.
Mi ha colpito molto questa definizione poiché la sento contrastare con la visione di salute che, volontariamente o no, si è venuta a creare negli ultimi due anni.
Credo infatti si sia ridotto il concetto di salute ad una prospettiva puramente biologica (“sei sano se non contagiato”) ignorando tutti gli altri fattori individuali e sociali che, a detta della stessa OMS, vanno ad influenzare il benessere fisico e psichico del cittadino.
Salute è uno stato di benessere psicofisico, necessario a farmi operare in modo efficace nella comunità per contribuire a un benessere sociale, e non solo evitamento del contagio.
Quindi, sono in salute se ho la possibilità di svolgere una regolare e sana attività fisica; se seguo un’alimentazione altrettanto sana; se mi dedico alla ricerca interiore frequentando corsi di yoga, di meditazione, classi di esercizi di bioenergetica o altro; mi tengo in salute godendo di sane relazioni, parlando e confidandomi, sfogandomi; ritrovandomi in gruppo con gli amici per discutere di politica, o di un particolare artista, o condividendo con loro un progetto che mi dia speranza per il futuro; andando a teatro, ascoltando storie che mi aiutino ad elaborare dinamiche interiori; andando al cinema; godendo dell’arte, della bellezza, del potere curativo e rigenerante della creatività; abbracciando l’altro nel momento del bisogno; lavorando e portando a casa la mia paga; rimanendo in una condizione economica che mi dia la consapevolezza e la tranquillità interiore di arrivare a fine mese, e di poter sostenere tutte le spese per vivere. Insomma, tutte cose che ci sono state tolte, vietate, e poi concesse nuovamente ma in modo contingentato, e incerto.
Ma se ci dimentichiamo della dimensione olistica della salute, lo stato di benessere non potrà mai essere raggiunto.
Tutto questo non per criticare le misure prese fino ad oggi, ma per porre l’accento su come si stia andando sempre più verso una spersonalizzazione dell’uomo, che lo riduce ad una macchina biologica orientata alla sopravvivenza e nulla più. In nome della salute, ci stanno riducendo a degli automi, separati, isolati e pericolosi gli uni per gli altri.
A tal proposito mi fa sorridere il fatto che nel 1998, in una riunione dell’OMS, venne proposto di aggiungere alla dimensione fisica, psichica e sociale, quella spirituale. La definizione, però, non venne mai modificata.
Mi fa sorridere perché conferma proprio ciò che sta avvenendo oggi, ovvero una crescente visione materialistica dell’esistenza e il rifiuto di ogni prospettiva spirituale. L’uomo è una macchina la cui vita verrà sempre più dominata dalla tecnologia. Ciò che consideriamo progresso sta seriamente minacciando la nostra umanità, tanto che si sta già parlando della necessità di mettere in discussione il significato stesso di “essere umano”.
Per quanto mi riguarda non c’è da discutere.
C’è da restare umani.