Melania Klein può essere considerata una profana in quanto, pur non avendo mai conseguito una laurea in medicina, ha comunque dato, attraverso assidue ricerche e osservazioni dirette, un contributo importante all’evolversi della psicoanalisi, approdando in alcuni casi a vere e proprie teorie rivoluzionarie.
Nasce a Vienna il 30 Marzo 1882. Pur essendo la sua famiglia di origine ebraica, non riceve alcuna educazione religiosa o coercitiva. Ultima di quattro figli, la Klein cresce in un ambiente familiare ricco di stimoli intellettuali. Il padre, Moriz Reizes, non ha un gran successo nella sua carriera da medico, così decide di aprire uno studio dentistico. La madre, Libusa Deutsch, per arrotondare le entrate mensili, apre un negozio di piante e animali esotici.
Melania Klein nutre una profonda stima per entrambi i genitori. Tuttavia, il padre si mostra nei confronti della figlia minore poco affettuoso, manifestando invece una chiara preferenza per la primogenita. La Klein non avrà la possibilità di migliorare i rapporti con il padre a causa della morte di quest’ultimo.
Ma la vita di Melania Klein sembra essere costellata di lutti dolorosi. Forse è proprio la presenza costante della morte che spinge l’autrice a sviluppare, nel corso dei suoi studi, tematiche legate proprio alla depressione e all’elaborazione del lutto.
Quando la sorella maggiore, Sidone, compie nove anni, muore a causa di una malattia. Consapevole della sua dipartita, poco prima di morire si impegnò a trasmettere alla sorellina più piccola tutte le sue conoscenze, insegnandole a leggere e a scrivere. Anche il fratello Emmanuel, un giovane brillante e pieno di talento, muore all’età di venticinque anni. Grazie a lui e alle sue lezioni di latino e greco, Melanie riesce a superare il ginnasio, potendo così coronare il suo sogno: studiare medicina.
Sogno che non si realizzerà. La Klein, fidanzatasi con Arthur Stephen Klein, un caro amico di Emmanuel, è costretta a spostarsi a causa degli impegni lavorativi di Arthur, che presto diviene anche suo marito. Rinuncia così, sia al fermento culturale di Vienna, sia agli studi di medicina.
La Klein esprimerà per tutta la vita il rimpianto di non aver frequentato tale università, convinta che le sue idee sarebbe state considerate più attendibili e lei sarebbe stata accolta con maggior stima se avesse conseguito un percorso accademico.
Per molto tempo vive in piccole città della Slovacchia e della Slesia, e non è certo questo un periodo felice. Ma nel 1910 avviene la svolta. Il marito viene trasferito a Budapest e qui Melanie Klein ritrova un luogo ricco di stimoli culturali e, cosa di gran lunga più importante, legge Freud. Affascinata dalle sue opere, decide di dedicare la sua vita allo studio e alla pratica della psicoanalisi.
Divorzia dal marito. Inizia un percorso di analisi, prima con Ferenczi, successivamente con Abraham. Già membro della Società psicoanalitica di Budapest, si trasferisce a Berlino iniziando a praticare la psicoanalisi sia con adulti che con bambini.
Nutre una profonda stima per Abraham il quale, poco dopo averla accettata come paziente, muore. Un nuovo lutto segna la vita della Klein che, oltre a perdere una persona molto importante, perde anche un grande sostenitore del suo lavoro, fortemente criticato da molti psicoanalisti. In quel periodo, infatti, anche Anna Freud tratta la psicoanalisi infantile, elaborando teorie in netto contrasto con quelle kleiniane, quest’ultime ignorate dalla società psicoanalitica di Berlino.
Nonostante gli avversari, ci sono però anche molti sostenitori che invitano la Klein a tenere un ciclo di conferenze in Inghilterra, e lei accetta (1925).
Con il passare del tempo, la sua permanenza in Inghilterra causa una scissione dei training nella società britannica: alla corrente della “psicoanalisi dell’Io”, capitanata da Anna Freud, si contrappone la psicoanalisi di stampo kleiniano.
Melanie Klein dedicherà il resto della sua vita ad approfondire ed elaborare ulteriormente le sue teorie. Muore a Londra nel 1960.