Dentro ognuno di noi, nel più profondo abisso, troppo spesso dimenticato, risiede uno sconosciuto innocente che grida per essere ascoltato.
Lo sconosciuto è il Bambino che siamo stati, esso si esprime nel Sè Corporeo, dissociato.
E’ la parte ferita che è stata illusoriamente messa a tacere al fine di evitare di sentire il dolore, tuttavia essa risale, nel corso della vita, come un inevitabile rigurgito dopo un’indigestione.
Non è possibile infatti che le parti dissociate del Sé non si esprimano, così questo Bambino inascoltato trasforma la sua sostanza irrigidendosi ed esprimendosi in modo schizofrenico: da un lato, a sprazzi, nella vita riporterà sofferenza, dall’altro si trasformerà nel suo opposto e diverrà Carnefice di se stesso.
Come è possibile questo?
Ogni Bambino Ferito ha un “Protettore” che assume sostanza di Carnefice. Un bel paradosso di gran senso.
Qual’è il senso?
Il senso è che fa meno male il male che ci si procura da soli che il male procurato da chi si ama. Ed è questo il motivo per il quale nella vita si perpetuano modalità comportamentali e relazionali disfunzionali.
In tal modo è possibile ed addirittura congruo ripetere la disfunzionalità, poiché garantisce la protezione a quella parte del Sé già ferita, che tutto può sopportare tranne che ripetere la stessa esperienza di dolore.
Ma anche questo è un paradosso!
Sviluppando altre funzioni dell’Io come quella capace di osservare i Processi Interni, si può comprendere che quella stessa qualità della ferita del Sé, che porta l’individuo alla reiterazione del danno per salvarsi da un danno maggiore, è infondo anche e soprattutto il modo in cui si è alla ricerca di un “disvelamento”.
Si può infatti, con un prezioso lavoro su se stessi, vedere come il ripetere esperienze di dolore nella propria vita, ha a che fare con la chiara volontà inconscia di svelare la dinamica interiore per risolverla.
Accade di iniziare a comprendere che c’è un’altra strada, che ci deve essere quale Diritto di quell’Innocente, quando l’individuo si accorge che va incontro a quel dolore familiare e tuttavia non riesce a fermarsi riprocurandosi la ferita.
Questo, è un buon momento, un dono immenso, è l’occasione di guardare dentro di se per iniziare a Vedere davvero.