“Ricordati sempre che i mostri non muoiono. Quello che muore è la paura che t’incutono.”
Cesare Pavese
La paura ha una funzione altamente positiva per l’essere umano poiché ha caratteristiche indispensabili per la sopravvivenza.
Tale emozione mobilita l’energia psicocorporea aumentando il livello di vigilanza e garantendo la possibilità di sottrarsi al pericolo.
Provare paura verso uno stimolo, significa essere in grado di valutarne la pericolosità e questo funziona come un segnale di allarme.
La funzione positiva della paura cessa laddove oltrepassa certi limiti, di conseguenza si possono verificare difficoltà nel controllare la reazione comportamentale e nell’organizzare percettivamente tutti gli aspetti di una data situazione in modo da poter valutare le alternative possibili.
Per comprendere la dimensione della paura è necessario considerare due specifiche risposte dell’organismo dinanzi al pericolo.
La prima è la sensibilizzazione, ossia l’abbassamento della soglia di tolleranza rispetto alle situazioni che potenzialmente generano paura, in tal caso aumenta la vigilanza e si è in uno stato costante di allerta che distorce la percezione e fa considerare pericolosi anche gli stimoli che non hanno carattere di pericolo.
La seconda risposta è l’assuefazione che permette all’organismo di difendersi quando un pericolo si protrae nel tempo. Qui la soglia di tolleranza rispetto agli stimoli minacciosi viene innalzata poiché, permanere in uno stato di allarme costante, comprometterebbe altre funzioni. Assuefarsi alla paura permette la sopravvivenza in situazioni estreme e nella norma considerabili come insostenibili.
La paura influisce e modifica l’equilibrio psicofisico, sia per le potenzialità inibitorie o scatenanti che può avere sull’azione, sia per il potere che essa possiede di condizionare i processi di pensiero e distorcere la percezione della realtà.