“Il cuore desidera essere libero e aperto, perché senza liberta non c’è gioia e senza gioia non c’è amore.”
Alexander Lowen
Respirare in bioenergetica significa avere la possibilità di sentire il corpo e, sentire il corpo, ne risveglia la memoria.
Il corpo è custode, sotto alterate posture e muscolatura contratta, di tutta la nostra storia e si fa portavoce, in particolare modo, di eventi dolorosi e traumatici incontenibili dalla sola psiche.
Così i nostri corpi trattengono, sotto massicce dosi di energia bloccata o energia carente, storie di vita, le nostre, tutte da ricordare, rivivere e respirare.
In quest’ottica la bioenergetica si avvale di tecniche basate sulla respirazione profonda, quel tipo di respirazione tanto naturale quanto dimenticata dalla maggior parte degli esseri umani.
Certo appartiene a tutti la predisposizione ad una respirazione sana e, di fatto, alla nascita tutti respiriamo e “sentiamo” pienamente, ma è altrettanto certo che, in condizioni di frustrazione prolungata, il corpo reagisce, difendendosi, con una sorta di ritiro energetico che in apparenza può non essere evidente, ma che con il tempo diventa struttura corporea.
Strutturarsi a livello corporeo e psichico, negandosi e negando le proprie sensazioni, significa predisporsi ad agire un falso Sé che non può altro che vivere, inconsapevolmente, una vita guidata da tutti quei livelli e quelle strutture di memoria che sono già condizionati e prestabiliti. Si genera l’illusione di essere quell’insieme di risposte automatiche e di etichette che si è soliti attribuirsi, senza mai darsi il tempo di fermarsi, ascoltarsi ed avere la possibilità di fluire in quella incessante mutevolezza che di fatto contraddistingue la nostra natura energetica.
Mettersi nelle condizioni di sentire e sentirsi di nuovo attraverso una terapia bioenergetica significa necessariamente affrontare i propri blocchi emotivi e corporei, di conseguenza significa rivivere le cause di questi.
Permettersi di “ritrovarsi” equivale a dare a se stessi la possibilità di iniziare un viaggio verso una città dimenticata, la propria città, quella in cui si è abbandonato il proprio sentire e con esso il proprio vero Sé.
Ciò che è dimenticato equivale all’ignoto e l’ignoto da sempre spaventa gli uomini, cosicché nel percorso non si può non provare paura, una paura terribile quanto antica, che aumenta la sua forza laddove viene negata.
Devi avere fede: la paura è solo la prima porta, una volta varcata la soglia, tutto si fa ritorno.