Parlare di emozioni significa parlare di un aspetto fondamentale della vita delle persone.
Tutti noi, consapevolmente o meno, siamo quotidianamente attraversati da sfumature di emozioni che colorano la tela della nostra esistenza, la quale rimarrebbe altrimenti un dipinto in bianco e nero.
Le emozioni appartengono al mondo interiore dell’individuo. Sono moti interni, onde che ci attraversano e che guidano le nostre azioni. Sono intense, di breve durata e legate ad una causa specifica.
Non sempre però, l’uomo le ha considerate esperienze soggettive.
Nell’antichità, nella Grecia di Omero, per esempio, dominava la credenza che le emozioni fossero fenomeni divini e che come fili invisibili muovessero gli umani, determinandone il comportamento. Fu la nascita del teatro e della tragedia a ribaltare questa prospettiva. Grazie alla messa in scena dei moti interiori, gli uomini cominciarono a contattare le proprie emozioni e a percepirle come esperienze interne e soggettive, e non più come fenomeni esterni e divini.
IL CARATTERE INNATO, ADATTATIVO ED UNIVERSALE DELLE EMOZIONI
Se vi chiedessi di raccontarmi quando avete imparato a piangere nei momenti di dolore, o chi vi ha insegnato a spalacare la bocca, gli occhi e ad inarcare le sopracciglia se sorpresi, probabilmente mi rispondereste:” Non me lo ha insegnato nessuno, lo so fare da sempre”. Ed è veramente così.
Le emozioni sono innate. Così come la capacità di comunicarle e di riconoscerle negli altri. Questo perché, da una prospettiva evoluzionistica, esse hanno avuto una funzione adattativa. Tutti quei comportamenti emotivi che in passato hanno favorito la sopravvienza della specie, sono stati infatti conservati ed ereditati geneticamente dalle generazioni successive.
Questa “programmazione biologica” delle emozioni può essere osservata nel neonato. Nella prima fase di vita, egli è già in grado di manifestare disgusto, interesse, appagamento e angoscia, potendo comunicare al caregiver di riferimento i propri bisogni, e aumentando così la possibilità di ricevere le dovute cure per poter sopravvivere. Successivamente, a partire dal secondo mese di vita circa, emergeranno rabbia, paura, tristezza, gioia e sorpresa, ovvero tutte quelle emozioni definite primarie.
Esiste anche una seconda categoria di emozioni legate all’apprendimento e allo sviluppo cognitivo del bambino. Esse sono infatti definite complesse ed emergono intorno al secondo anno di vita. Un esempio è l’imbarazzo, che il bambino manifesta solo quando è in grado di riconoscersi allo specchio. Oppure la vergogna, che porta il bambino ad una valutazione negativa di sé. Come pure il senso di colpa e l’orgoglio, queste emozioni implicano l’interiorizzazione di regole di comportamento.
In relazione alla prospettiva evoluzionistica, Darwin propone anche il concetto di universalità delle emozioni: esse sono comuni a tutti gli uomini e agli animali. Davanti ad un pericolo, noi quanto i mammiferi, reagiamo scappando, oppure immobilizzandoci, in base a quale sia la strategia migliore da adottare per sopravvivere.
Questa teoria fu successivamente ripresa e confermata dagli studi di Paul Ekman, il quale condusse ricerche transculturali, dimostrando come popoli di culture diverse (dai membri di una tribù delle Nuova Guinea ai cittadini degli Stati Uniti) esprimano le emozioni nello stesso modo.
BASI BIOLOGICHE DELLE EMOZIONI
Una struttura coinvolta nella regolazione delle emozioni è il sistema limbico, individuato per la prima volta da Paul Broca nel 1878 e costituito da: la corteccia limbica (che comprende il giro cingolato), l’amigdala, l’ippocampo e il fornice. Questa struttura ha un ruolo importante anche nella memoria, nell’apprendimento e nelle funzione neuroendocrine.
Fu in realtà James Papez, agli inizi del 1900, ad individuare le strutture responsabili delle emozioni: l’ippocampo insieme ai nuclei anteriori del talamo. Infatti, studi scientifici hanno dimostrato come infezioni all’ippocampo causino comportamenti di rabbia immotivati.
Coinvolto nella regolazione emotiva è anche l’ipotalamo. In particolare, risposte legate alla paura o alla rabbia si manifestano stimolando elettricamente zone specifiche di questa struttura.
Un ruolo importante è svolto poi dall’amigdala. Questa è costituita da più nuclei (baso-laterali, cortico-mediali e quello centrale), riceve informazioni sensoriali, le integra e attraverso un sistema di connessioni attiva il sistema endocrino e autonomo, permettendo alla fine la generazione di risposte comportamentali. Negli esperimenti ormai famosi di Kluver e Bucy, veniva operata nelle scimmie la rimozione bilaterale dell’amigdala insieme al lobo temporale, compromettendo la capacità dell’animale di manifestare atteggiamenti aggressivi, di provare paura e di riconoscere oggetti (sindrome di Klaver-Bucy). Effetti analoghi si riscontrano nell’uomo: la rimozione bilaterale dell’amigdala inibisce la paura e la rabbia, e rende difficile al soggetto il riconoscimento delle emozioni attraverso le espressioni facciali.
Vediamo quindi come più strutture del nostro sistema nervoso siano coinvolte nella regolazione delle emozioni e come queste implichino cambiamenti cognitivi, fisiologici e comportamentali.